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Falso e dolo CC

 

 

 

 

La morte  di  un  figlio  è  già  di  per se  devastante,  ma  vedersi  truffare   da  magistrati  e  forze  dell’ordine  (carabinieri)  sulla  morte  di  un  figlio  di  13 anni,   avvenuto  in  un  sinistro  stradale,   e vedersi  perpetuare  per trentanni   la   distruzione  dell’intera   famiglia   che né  conseguita  a quella  perdita,   il tutto,  sempre  e  solo  per  occultare  il  falso  e il dolo  dei  carabinieri  che  avevano  falsificato con dolo  le prove dagli stessi  accertate  sulla  morte del  figlio,   non  può  e  non  deve  essere  tollerato  e  non  intendo  tollerare.

 

Si premette  che,   rispetto  alle  prime  dichiarazioni  rese dai  detti  carabinieri  sull'orario  del  sinistro: ore  18,30  del  28/10/1981 (buio),   a seguito  di  alcune  recenti  attività  istruttorie,   “miracolosamente”   concesse  da   un  magistrato  con qualche   residuo   morale,  (subito  sostituito),   è  risultato  che  il  sinistro si è verificato  poco  prima  delle  ore  15,  (luce solare),  e l     quindi  la questione   sul  punto   orario  del sinistro   non  verrà  più  esaminata.

Buio  completo  invece  per  le   altre   falsità  dei  carabinieri,  anche  per  il  sopradetto  magistrato,  che  al  pari  degli  atri   non  ha  consentito  l’attività  istruttoria   proposta, tra  cui  la  querela  di  falso  ex  art.  221 e  seg.  c.p.c.,  assolutamente  necessaria   per  accertare  le  altre  e  più  gravi   falsità  commesse  dai  carabinieri:  Giuseppe  di  Santo,  Perrone  Salvatore,  Ciccarelli  Pietro,  allora   appartenenti  alla  caserma  di  Trezzo  S.Adda,  (MI),   e che  ora  vedremo.    

Il 28 ottobre 1981, poco  prima  delle  ore  17.00,  mio  figlio   Primo Gasparin di anni 13, mentre con la sua bicicletta viaggiava sulla banchina  ciclabile posta sulla destra della riga gialla che  delimita la corsia di marcia  della strada Busnago-Trezzo, veniva investito da tergo dalla vettura Volkswagen Maggiolone targata BG 347798 di proprietà di Anna Maria Scotti, guidata da Renato Rambaldi,  che viaggiava nella stessa direzione di marcia,  ma a cavallo della detta riga gialla.

A seguito dell'urto  mio  figlio  cadeva sul cofano della vettura e poi sul parabrezza della stessa che si rompeva, entrando così parzialmente all’interno della  cabina di  guida,  come documentato dalla foto n. 3.

Dopo l’urto la bicicletta cadeva a terra e s’incuneava sotto la parte anteriore dell'auto investitrice come evidenziato dalla  detta  foto n. 3.

Il Rambaldi, nonostante  avesse  la bicicletta  incastrata sotto la parte anteriore dell'auto, il parabrezza rotto,  il corpo del ragazzo sul cofano e parzialmente all'interno della cabina di guida,  prima  spinse   fuori  mio  figlio  dalla  detta  cabina di guida,   poi  ha  accelerato  e tentato  la fuga per circa 200 metri,   passando  cosi  da  una velocità  iniziale  di  50 Km/h  alla vellocita  di   circa  100  Km/h,  fermandosi  solo  dopo  che  altro  automobilista  lo  costrinse  a  fermarsi. 

nella  frenata  che  nè  segui.   lunga  35  metri,  mio  figlio  veniva  proiettato  violentemente  sull'asfalto,  subendo  cosi  lesioni tali che  ne  causo  il decesso  il  giorno dopo.  (vedi  foto n. 1).

 

Trattasi quindi non più di omicidio colposo, ma preterintenzionale, sotto l’ottica del dolo eventuale, nella parte in cui, e  mi  ripeto, dopo l’urto, il Rambaldi, anziché frenare subito  come avviene  istintivamente  a  tutti,  prima ha  spinto  fuori  mio figlio  dallla  cabina di guida,  poi  ha accelerato  e tentò la fuga,  assumendosi così la responsabilità oggettiva e soggettiva delle conseguenze che ne sarebbero potute derivare, nonostante, si badi bene, la prevedibilità che, con la caduta dal cofano,  mio figlio  poteva rimanere ferito  o morire.

 

Sempre nel corso del tentativo di fuga la bici, trascinata dalla vettura investitrice, lasciava sull'asfalto numerosissime incisioni, tutte vicine alla riga gialla (foto 1, 2, 6, 7, 8, 12, 13), e nell'ultimo tratto della corsa,   lasciava,   sull'asfalto   le tracce  della  frenata  lunga  35 metri (foto n. 1).

Va subito precisato che la vettura bianca che si vede sul lato destro della foto n. 1 apparteneva al geom. Brambilla, il quale il giorno successivo al  sinistro, unitamente al fotografo Ronchi di Bellusco, su incarico e per conto del  sottoscritto ebbero a svolgere i rilievi metrici e fotografici di tutte le tracce ancora esistenti   sull'asfalto,  e che meglio vedremo più oltre.

Ovvio che con la portiera aperta di detta vettura si è voluto segnalare l’incidente, cosi come è evidente che detta portiera aperta, per un riflesso di luce, non consente di vedere nella foto n. 1 il prosieguo della frenata.

I Carabinieri della Stazione di Trezzo sull'Adda, Maresciallo Giuseppe Di Santo, Brigadiere Perrone Salvatore e Ciccarelli Pietro, che svolsero i rilievi del caso, chiamarono un fotografo privato, tale Fumagalli di Trezzo che scattò le foto prodotte sub 2/3/4/5/6/16/19, ed accertarono, per una lunghezza di 104 metri, la presenza di un folto gruppo di incisioni sull'asfalto, prodotte dal pedale e dal manubrio  della  bicicletta   trascinata   dall'uto  investitrice   nel  suo  tentativo di fuga,  allineate a fianco della riga gialla e distanti da questa: 60/80 cm per quanto attiene a quelle prodotte dal pedale,  e metri 1/1,2   quelle prodotte  dalla  imopugnatura  sinistra  del manubrio.

Questo  gruppo  di   incisioni veniva  delimitato dai Carabinieri con un segno a gesso a forma di (I) come si  evince   dalle foto 6/7/8/9/12/13.

Detto segno  a (I) distava metri 74 dalla vettura investitrice  al termine della corsa. vedi  planimetria  del  Geom.   Brambilla.

All’interno del detto segno a forma di (I) si trovava altresì  l’inizio  di una  ed ininterrotta incisione  lunga 74  metri,   prodotta dalla  impugnatura  sinistra del  manubrio, che  distava  metro  1,2  dalla riga gialla (vedi foto 1, 2,   e  planimetria   Geom.  Brambilla,   e   planimetria  dei  carabinieri  alla  voce  foto CC  ultimo  file.

 

Nella  loro  planimetria  pero,  i  detti  carabinieri,   hanno  falsificato   la posizione   dell’inizio   della   detta  lunga e  ininterotta  incisione ,   collocandolo   a metri 2,70/2,85 dalla riga gialla,   e non   a  metri  1,2   dalla  stessa    come realmente visto,  accertato,   e toccato con mano,   quando  hanno  evidenziato,  con  il  segno  a gesso  a   forma  di  ( I ).  la  posizione  reale  delle  incisioni   sull'asfalto.

Omisero  altresì  i detti  carabinierii di riportare nella planimetria le restanti incisioni  che  chiameremo minori, distanti  60/80 cm dalla riga gialla (foto 3, 9, 12 e 13) prodotte dal pedale sinistro;  cosi come omisero di riportare  in  planimetria   la  traccia  di incisione  dagli stessi  accertata, ed esistente  20 metri  prima  del  segno  a  ( I ), vedi  foto  20,  quando,  partendo dal cippo  provinciale,  hanno  segnato   con il gesso sulla  riga  gialla  delle  ( X )  ogni  20 metri,  vedi planimetria  del  Geom.  Branmbilla,  cosi  come   omisero  di indicare in planimetria e negarono falsamente  nel rapporto  la presenza della frenata lunga 35 metri, posta nell'ultimo tratto della corsa,  che  iniziava  poco  prima  del  rivolo di sangue,  (vedi foto 1e 2), negarono  falsamente  l'esistenza di urti alla destra della vettura  (si veda la copia della loro foto n. 4 ), urti che al contrario esistevano (vedi foto 3 e 15), ed infine occultarono tre fotografie (le n° 4, 5, e 6), delle quali, guarda caso,  una  ritrae il segno a gesso a forma di (I) vicino alla riga gialla (foto n. 6), e le altre due che ritraggono il rivolo di sangue che  attraversava   perpendicolarmente la corsia di marcia (foto 4 e 5), circoscritto con il gesso   dagli  stessi C.C., il che prova che   avevano visto, accertato, toccato con mano per almeno 4 volte l’esistenza della frenata.

 

Da rilevare altresì che le prime cinque foto inviate dai Carabinieri al P.M.  contengono tutte la specifica di ciò che esse rappresentano, mentre le tre foto occultate (4/5/6) sono state inviate al P.M. senza alcuna nota che ne esplicasse il contenuto,  all'evidente  fine  di  non  smentire  se  stessi

Il motivo di tale omissione, non trovandosi altra ragione, va ricercato nella volontà DOLOSA  dei  detti   Carabinieri di perseverare nella   falsificazione  delle  prove  dagli stessi  realmente  accertate.

Infatti, i  detti   Carabinieri avevano due scelte:  o dichiaravano che le tre foto occultate rappresentano le incisioni vicine alla riga gialla, e quindi smentivano  se stessi laddove nella loro planimetria hanno dichiarato che le incisioni erano in mezzo alla strada, ovvero  da  metri  2,70/2,85  dalla  detta  riga  gialla,  oppure omettevano, come di fatto hanno omesso, di precisare il contenuto delle tre foto occultate.

 

L'intenzionale  falso  DOLOSO  dei  detti  carabinieri   consiste quindi nell'avere occultato la parte peggiore della condotta del Rambaldi, al fine evidente di sottrarlo dalla responsabilità oggettiva di avere viaggiato,  al  momento  dell'urto,  a cavallo della riga gialla,  nonche  dalla  responsabilità  soggettiva  di aver tentato la fuga, quale causa reale  della morte di  mio  figlio,  nonché  colpevolizzare   lo stesso  di una condotta imprudente,   e cioè di aver viaggiato in mezzo alla strada,   mai tenuta.

 

Va  precisato  altresì   che  nella  fase  penale  vi  sono  state  tre  C.T.U.   ricostruttive  della  dinamica  del  sinistro,  redatte  da:

1)    da   ROSSINI  ALEANDRO, Via   Omodeo 1 Milano;

2)  dall’Ing.  ARGENTINI TULLIO  Via Tommaso Grossi  6  RHO  +  SANTINI  GIANFRANCO,  via  Einaudi 2  Opera;  +   CATTANEO  SANDRA  via  Carpi  Eugenio  34  Milano.

3)  dall’Ing. FRANCO MAGRI  via  Bramante  35  Milano +  Ing. GIANCARLO SPINELLI   Piazzale  Susa  14  Milano +  Ing. MARIO  CALANDRELLI   via Monte Rotondo  21  Milano 

TUTTE   che  si  smentiscono  tra  loro,  e  TUTTE   smentite  da   18   relazione  tecniche – scientifiche  anche  di  docenti  di fisica  e  matematica   e altre discipline  dell’università  di  Milano,   e  quindi   TUTTE  DOLOSAMENTE  FALSE   e  finalizzate   ad  occultare  il falso ed il dolo  dei   Carabinieri  e  favorire  le  parti  avverse.

È bene  precisare  che  la  più onesta  del  tre   è stata  l’ultima,  redatta  dall’Ing.  MAGRI,  Ing.  SPINELLI,   ing. CALANDRELLI,  i quali   ebbero  a  dichiarare   che  l’urto  è  avvenuto  alla  velocità  di   50/60  Km/h   (vero);  che   dopo  l’urto il  Rambaldi  non  ha  accelerato  ma  ha  proseguito  con moto  uniforme,   che  lo  spazio  della  dinamica del sinistro  è  di 100  metri,  in un tempo   di  12/15  secondi. (assolutamente  falso)

Il  prof.  Cirelli,  dell’Università  di  Fisica  e  matematica  di  Milano,  ha  dimostrato   che   se,  fosse   vera   la  tesi  del  terzo  C.T.U  collegiale,   mio figlio  sarebbe  caduto  dalla  vettura  investitrice      0,7  secondi   prima  ancora  di  essere  investito.

Il Prof. Cirelli   Ha  altresì  dimostrato  che,   sempre  sulla  base  del  tempo  e  della  velocità  ritenuta  dal  TRIO   MAGRI – SPINELLI - CALANDRELLI ,   lo spazio  della  dinamica  è  quantomeno  di  145  metri.

Pacifico  quindi  che  lo  scopo  di  quest’ultima,  come  le  due  precedenti  FALSE  DOLOSE  PERIZIE  era   quella  di  occultare   sia   l’accelerazione   che   il  tentativo  di  fuga  del Rambaldi  quale  causa  della  morte  di  mio  figlio,    sia  il  falso  e il  dolo  dei  carabinieri.

IL    4°   C.T.U.

È    l’Ing.  RICARDO  RIVA,      della  facoltà  di  Ingegneria  di  DALMINE. nominato  dal  Giudice  GIRADI  di  Bergamo,  la  quale,  nonostante ripetutamente  chiesto,  non  ha  mai voluto  ammettere  la  proposta  querela  di  falso  ex  art.  221 e seg. c.p.c.  avverso  il  rapporto  e  la  planimetria  dei  carabinieri.   querela  assolutamente  necessaria  per  accertare  prima  le  falsità  comesse  dai detti  carabinieri nel  loro  rapporto  e  planimetria,  e  poi,  sulla  base  delle  risultanze  corrette,  ricostruire  una  seria  dinamica  del  sinistro. 

 

il  risultato  di  tanta  delinqueza  giudiziaria  non  poteva  che  essere  l'ennesima  DOLOSAMENTE  FALSA  relazione  peritale,  finalizzata  ad  occultare    il  falso  ed  il  dolo  dei  carabinieri,  e    favorire  le  parti  avverse.

 

Vedesi   la  sua  perizia  e  relativa  denuncia  allegata   sul sito  www.ildolodelmagistrato.com  alla  voce  Riva  Bergamo.

OSOPPO  12/02/2012.

 

F.to   Gasparin  Alessandro,  via  Moscovia  6;      33010  Osoppo  (UD).

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